Da almeno trent'anni l'emergenza ambientale si propone all'attenzione dell'opinione pubblica, con un andamento carsico, caratteristico dell'attuale sistema massmediatico, per cui ad eventi clamorosi di incidenti industriali seguono lunghi periodi di "nascondimento" del problema, cosicché nozioni e notizie spesso affastellate e contraddittorie vedono l'alternarsi di catastrofismo e negazionismo. L'effetto complessivo è di rendere astratta e inafferrabile una tematica che, al contrario, ci coinvolge totalmente.
La proposta sviluppata nel presente progetto è di assumere il territorio come referente di grande efficacia per calare nel concreto la questione ecologica e consentire un approccio di tipo sistemico a rapporto controverso tra industria ed ambiente, così come si è dispiegato in particolare nel corso del Novecento.
Il 10 luglio 1976, lo scoppio del reattore del triclorofenolo all'Icmesa di Seveso determina non solo uno dei più gravi disastri ambientali del nostro Paese, ma anche un salutare shock nell'opinione pubblica, costretta per la prima volta con inquietante evidenza a fare i conti con i risvolti distruttivi delle moderne tecnologie. Quella data simbolo segna, quindi, l'inizio di una nuova stagione di emergenze ambientali legate a determinati processi produttivi, di conflitti tra le popolazioni e presenze industriali potenzialmente dannose al territorio e alla salute delle persone (lavoratori e abitanti). Del resto, è fin troppo scontato rilevare come la fragilità dell'ambiente Italia abbia necessariamente subito tremendi assalti da un'industrializzazione che ha considerato il territorio come un sito su cui collocare le imprese esclusivamente in funzione di convenienze tecniche ed economiche. Questi ultimi tre decenni, in particolare, hanno visto esplodere alcune emergenze che segnalano una sofferenza importante e manifesta nel rapporto fra tecnica e natura. Manca però un quadro d'insieme che dia il senso della portata qualitativa e quantitativa di quel che è avvenuto nel Belpaese nell'era dell'industrializzazione diffusa e nel contempo della reattività delle popolazioni che hanno cercato di contrastare il degrado; un quadro d'insieme che la ricerca qui proposta intenderebbe per l'appunto delineare, fornendo altresì un'informazione precisa sugli interventi di recupero effettuati e sul molto che resta da fare in tale ambito.
Per le ragioni già accennate l'arco di tempo che si intende considerare è riferibile agli ultimi trent'anni. Ciò significa che verranno censiti e studiati, principalmente, i casi di conflitti ambientali, legati al rapporto industria-territorio, che sono emersi e si sono manifestati in questo periodo, anche quando le cause degli stessi sono remote, rintracciabili nella storia produttiva degli impianti in questione, storia che si cercherà comunque di ricostruire nelle linee essenziali. è quindi evidente che la storia dell'industria, in particolare di quella a più forte impatto ambientale, andrà ad intersecarsi con la geografia, cioè con i singoli territori in cui si sono manifestati i conflitti e sono collocati i siti produttivi, individuati e raggruppati per Regione. Si intende quindi operare, anche attraverso ricognizioni in loco, su ogni "caso" di studio con il fine di elaborare, sia pure attraverso successive approssimazioni, una scheda come di seguito articolata:
L'obiettivo principale del progetto è di realizzare una mappa dell'industrializzazione diffusa e del suo impatto ambientale, anche con finalità didattiche. I prodotti della ricerca, infatti, potranno essere utilizzati in ogni tipo di scuola, inclusa l'università. Nel contempo saranno fruibili per azioni mirate di educazione e sensibilizzazione ecologica.
La ricerca documentaria sarà condotta sui diversi tipi di fonti realizzando una banca dati multimediale, che potrà ospitare documenti scritti e sonori, immagini, filmati. Dalla banca dati sarà possibile ricavare schede a diversi livelli di approfondimento, ulteriormente espandibili sulla base di ricerche locali. Lo sbocco principale della ricerca consisterà nella creazione di un archivio informatizzato presso la Fondazione Luigi Micheletti/Museo dell'Industria e del Lavoro di Brescia. La ricerca potrà fornire i materiali per la pubblicazione di un atlante storico su Industrializzazione, territorio e conflitti ambientali, nonché di monografie per Regione o per tipologia produttiva. Il progetto sarà supervisionato da un Comitato Scientifico costituito da personalità e studiosi. Hanno acconsentito a farne parte:
Marino Ruzzenenti, già docente nelle scuole secondarie, autore (con Giorgio Nebbia) di: A come ambiente. Corso di educazione ambientale, Firenze, 1998; Un secolo di cloro e PCB. Storia delle industrie Caffaro di Brescia, Milano, 2001; L'Italia sotto i rifiuti, Milano, 2004.
L'ente proponente, la Fondazione Luigi Micheletti, ha maturato una vasta esperienza nel campo della ricerca storico-sociale, con particolare riferimento alle tematiche ambientali; ha costituito il Centro di storia dell'ambiente promuovendo ricerche pionieristiche (per l'Italia) sull'impatto ambientale dell'industrializzazione (casi Acna, Caffaro, ecc.); ha raccolto e organizzato archivi di grande importanza per la storia dell'ambientalismo (Laura Conti, Giorgio Nebbia, Enzo Tiezzi, ecc.); promuove su tali tematiche la rivista on line Altronovecento (vedi il link relativo in www.fondazionemicheletti.it). Nella ricerca qui proposta potrà inoltre far valere le competenze e conoscenze acquisite nel lavoro continuativo svolto dagli anni Settanta ad oggi nel campo dell'archeologia industriale, sfociato in tempi più recenti nella promozione del Museo dell'Industria e del Lavoro (cfr. www.musil.bs.it).