Società Anonima Stabilimenti Rumianca Ingegner Vitale (1915-1922); → “Società Anonima Stabilimenti di Rumianca (1922-1938, Gruppo Gualino); “Rumianca Spa (1938-1967, Gruppo Gualino); → “Rumianca Spa” (1967-1980, Gruppo Rovelli); → “Anic Spa” (1981-83, ENI); “Enichimica Secondaria Spa” (1983-84, ENI); “Enichem Sintesi Spa” (1984-87, ENI); “Enichem Syntesis Spa” (1987-1995, ENI); “Enichem Partecipazioni Srl” (1995-97); “Enichem Syndial Spa” (1996-97, ENI); → “Tessenderlo Italia Srl” (1997) → “Idrochem Italia Srl” (2013).
Il Comune piemontese di Rumianca in Val d'Ossola (sino al 1992 in provincia di Novara e poi di Verbania) viene scelto come sede del primo stabilimento della Società Anonima Ingegner Vitale.
Sempre in Ossola negli anni '30-'40, sotto la proprietà SNIA, la Società diviene titolare delle concessioni di alcune miniere (Val di Toppa, Valle Anzasca, Valle Antrona) e costruisce due centrali idro-elettriche nella frazione pievese di Megolo (1941) e nel Comune di Ceppo Morelli (1948).
Nel 1936 la “Anonima Stabilimenti di Rumianca” incorpora la “Viset” di Borgaro Torinese (prodotti per l'igiene personale) e la “Società Miniere di Antrona”. Due anni dopo ad Avenza (Mc) nasce lo stabilimento chimico “Rumianca di Apuania”.
Nel dopoguerra la “Rumianca Spa” attiva un ufficio filiale a Milano e un ufficio tecnico-agrario a Roma.
L'espansione in Sud Italia, e in particolar modo in Sardegna (stabilimento e miniera di Villaputsu nel cagliaritano e miniera di Nurallao Laconi nel nuorese), è suggellata nel 1962 dalla fondazione della “Rumianca Sud” a Macchiareddu (Ca).
Nel 1980, quando ENI rileva gran parte degli impianti del gruppo Rovelli, della “Rumianca Spa “ non restavano che lo stabilimento di Pieve Vergonte e il Centro ricerche di Borgaro Torinese (chiuso nel 1983).
1915 – Fondazione a Milano
Denominazione: Società Anonima Ingegner Alfonso Vitale
Specie della società: Società Anonima.
Sede: Piazza Umberto I 25, Genova.
Ramo di commercio: industria chimica.
Ramo di industria esercitata: soda e derivati
Principali articoli di produzione della ditta: soda, cloro, idrogeno, ecc.
Capitale sociale: 2.500.000 Lire sottoscritto per 1.070.000 dalla Società Italiana di Elettrochimica, per 830.000 Lire SIPE (Società Italiana Prodotti Esplodenti poi Acna) e per 600.000 dall'Ing.Vitale.
1922 – Acquisizione da parte del gruppo SNIA (Società Navigazione Italo Americana) di Riccardo Gualino
Denominazione: Società Anonima Stabilimenti di Rumianca
Specie della società: Società Anonima.
Sede: corso Re Umberto 7, Torino.
Ramo di commercio: industria chimica.
Ramo di industria esercitata: soda e derivati.
Principali articoli di produzione della ditta: soda, cloro, idrogeno, ecc.
1936 – Fusione con “Viset” di Borgaro Torinese e delle “Miniere di Antrona”
Denominazione: Anonima Stabilimenti di Rumianca
Specie della società: Società Anonima.
Sede: corso Montevecchio 39, Torino.
Ramo di esercizio: industria chimica – elettrochimica – mineraria.
Oggetto di esercizio: fabbrica di soda caustica elettrolitica, solfuro di carbonio, profumi, saponi, affini.
1938 - Quotazione in borsa
Denominazione: Rumianca Società per azioni
Specie della società: Società per Azioni.
1967 - Maggioranza delle azioni alla SIR (Società Italiana Resine) di Nino Rovelli
Denominazione: Rumianca Società per azioni
Sede: Corso Montevecchio 39, Torino.
Oggetto: a) l'esercizio di qualsiasi industria Elettrica/Chimica e Minieraria, b) l'esercizio di qualsiasi applicazione generale della società, c) l'acquisto e l'esercizio di brevetti o processi di fabbricazione differenti alle industrie di cui alle lettere a), b), c), ecc.
1981 – ANIC Spa acquisisce per decreto governativo la SIR (Rumianca di Pieve Vergonte e Borgaro Torinese, SIR di Sesto San Giovanni, impianti per la produzione di chimica secondaria di Ravenna)
Denominazione: ANIC Spa
Sede legale: via R. Settimo 55, Palermo.
Natura giuridica: Società per azioni.
Oggetto: lavorazione degli idrocarburi e derivati ed ogni altra attività industriale chimica.
1983 – Conferimento dello stabilimento e delle centrali a Enichimica
Denominazione: Enichimica Secondaria Spa
Sede legale: via R. Settimo 55, Palermo.
Direzione generale: piazza Boldrini 1, San Donato. Milanese.
1984 – Passaggio a Enichem Sintesi
Denominazione: Enichem Sintesi Spa
Sede legale: via R. Settimo 55, Palermo.
Forma giuridica: Società per azioni.
Oggetto sociale: produzione, commercio e trasporto di prodotti chimici di sintesi, di fermentazione e di estrazione, sia organici sia inorganici, e di prodotti naturali.
1987 – Conferimento dello Stabilimento di Pieve Vergonte e dell'ex Vinavil di Villadossola a Enichem Synthesis
Denominazione: Enichem Synthesis Spa
Sede: via R. Settimo 55, Palermo.
Forma giuridica: Società per azioni.
Oggetto sociale: produzione, commercio e trasporto di prodotti chimici di sintesi, di fermentazione e di estrazione, sia organici sia inorganici, e di prodotti naturali.
1992 – Trasformazione ENI da ente pubblico a Società per azioni controllata dal Ministero del Tesoro
1995 – Incorporazione in Enichem Partecipazioni
Denominazione: Enichem Partecipazioni Srl
Sede: Piazza della Repubblica 16, Milano.
Forma giuridica: Società a Responsabilità Limitata a socio unico.
Oggetto sociale: l'assunzione e la gestione di partecipazioni, in via prevalenza, in altre imprese esercenti la produzione, il commercio e la distribuzione, in Italia e all'estero, di prodotti chimici [...]
Attività: attività di gestione patecipazione azionarie di gruppo.
1996 – Trasferimento della proprietà del terreno nel perimetro dello stabilimento a Syndial (ENI).
Denominazone: Syndial Spa – Attività diversificate.
Forma giuridica: Società per azioni.
Sede: Piazza Boldrini 1, San Donato Milanese (Mi).
1997 – Cessione del diritto di superficie dello stabilimento produttivo e delle centrali idroelettriche alla multinazionale Tessenderlo.
Denominazione: Tessenderlo Italia Srl.
Forma giuridica: Società a Responsabilità Limitata.
Sede legale: via Bergamo 121, Treviglio (Bg).
Oggetto sociale: la fabbricazione e il commercio di prodotti chimici e intermedi per l'industria chimica e farmaceutica, per l'industria zootecnica e l'agricoltura; la fabbricazione di prodotti farmaceutici; lo smaltimento di rifiuti speciali tossici e nocivi mediante impianti di termodistruzione e depurazione biologica. Essa può svolgere anche le seguenti attività […]
2013 – Cessione di Tessenderlo Italia srl al gruppo WeylChem di proprietà dell'ICIG (International Chemical Investor Group).
Denominazione: Hydrochem Italia Srl.
Forma giuridica: Società a Responsabilità Limitata con socio unico.
Sede legale: Largo A. Toscanini 1, Milano.
Nell'agosto 1915 l'Ing. Alfonso Vitale acquista dal Comune di Rumianca un terreno da pascolo di 80.000 m2
e vi costruisce uno stabilimento per la produzione di cloro-soda.
Il Comune di Rumianca (dal 1928 Comune di Pieve Vergonte), collocato nel bacino idrografico del Toce, è in posizione favorevole all'approvvigionamento degli alti quantitativi di energia elettrica richiesti dalla produzione del cloro.
Il nucleo originario dello stabilimento viene edificato in prossimità della linea ferroviaria del Sempione, la Novara-Domodossola, a cui è raccordato negli anni '20.
Nel 1919 l'alveo del rio Marmazza, un affluente del Toce, viene deviato. Un tratto del torrente viene tombato e fatti passare al di sotto dello stabilimento che lo utilizza come scarico dei reflui degli impianti.
Negli anni '20-'30 la proprietà acquista nuovi terreni e fabbricati che in parte destina alla realizzazione di abitazioni per i dirigenti e gli impiegati.
Nel 1940 iniziano i lavori per la costruzione del Villaggio operaio Rumianca.
Nel 1941 terminano i lavori di costruzione della Centrale idro-elettrica di Megolo (attuale frazione di Pieve Vergonte) e nel 1948 quelli della Centrale idro-elettrica di Ceppo Morelli.
La superficie occupata dalle attività produttive raggiunge il suo massimo storico, ovvero 456.000 m2
, intorno al 1950.
C Attività Manifatturiere
20 Fabbricazione di prodotti chimici
20.1 Fabbricazione di prodotti chimici di base, di fertilizzanti e composti azotati, di materie plastiche e gomma sintetica in forme primarie
20.13 Fabbricazione di altri prodotti chimici di base inorganici
20.13.09 Fabbricazione di altri prodotti chimici di base inorganici
20.15.0 Fabbricazione di fertilizzanti e composti azotati (esclusa la fabbricazione del compost)
20.2 Fabbricazione di agrofarmaci e di altri prodotti chimici per l'agricoltura (esclusi i concimi)
20.20.00 Fabbricazione di agrofarmaci e di altri prodotti chimici per l'agricoltura (esclusi i concimi)
20.5 Fabbricazione di esplosivi
20.51.02 Fabbricazione di articoli esplosivi
20.6 Fabbricazione di fibre sintetiche e artificiali
Lo stabilimento chimico di Rumianca nasce per produrre cloro e derivati da impiegare nella realizzazione di armi da guerra e durante il primo conflitto mondiale acquisisce un ruolo di avanguardia per apparato tecnologico e capacità produttiva.
I primi reparti attivati sono il reparto cloro-soda, un modesto impianto di acido solforico e alcune batterie di forni Taylor per la produzione di solfuro di carbonio, dal 1919 prodotto con l'innovativa procedura a forno elettrico ideata dal tecnico Giovanni Acuto.
L'impianto cloro-soda con cella elettrolitica a mercurio Kellner, assorbiva una potenza di 3500 kW ed era stato progettato e costruito, tra il 1915 e il 1918, dal colonnello Lionello Leskovic.
Nel 1916 entrano in funzione l'impianto di fosgene, secondo d'Italia con capacità produttiva giornaliera di 6t, l'impianto di tetracloruro di carbonio e la linea cloruro di calcio.
Nel 1919 è operativo l'impianto semi-industriale di ammoniaca anidra, dalla capacità produttiva di un 1q/g, brevettato dall'Ingegner Luigi Casale.
L'anno successivo diventano operativi i primi impianti di clorobenzene e acido cloridrico, agenti base di vari processi produttivi della chimica industriale, e l'impianto per la produzione di candeggina.
In generale sino al 1919 la produzione si concentra su gas tossici (cloro e fosgene), nebbiogeni e fumogeni (cloro, acido solforico, tetracloruro di carbonio). Terminata la guerra avviene la prima riconversione: si producono soda (ciclo produzione Raion) e solfuro di carbonio (viscosa) per il settore tessile; solventi (benzene e cloro), reagenti (acido cloridrico), ossidanti (ipoclorito), refrigeranti (tetracloruro di carbonio) per i settori medico, agricolo, delle vernici, della carta.
Nel 1922 l'industriale tessile Riccardo Gualino acquista lo stabilimento allo scopo di rifornire la SNIA (Società Nazionale Italiana Applicazioni Viscosa) delle materie prime per la realizzazione dei tessuti acrilici (solfuro di carbonio, soda, ammoniaca).
Negli anni '30 la saturazione del mercato del cloro e l'isolamento politico dell'Italia fascista indirizzano la Rumianca verso l'attività chimico-mineraria (acquisizione Società Anonima Miniere di Valle Antrona, miniere dei Cani di Vanzone e Battigio in Valle Anzasca, dove i minerali vengono semilavorati, miniere della Val di Toppa) e verso la produzione di anticrittogamici a base di rame, zolfo e sali di arsenico. Nel 1935 entra in funzione l'impianto di solfato di rame, nel 1937 l'impianto di acido arsenico.
Dalle piriti ossolane si ottenevano zolfo (mediante passaggio in forni rotativi Lurgi), rame e oro (mediante torrefazione clorurante e cianurazione delle ceneri) e, in particolare dalle piriti aurifere, anidride arseniosa per la produzione di sali di arsenico.
Nel 1935 la capacità dell'impianto per la produzione di solfuro di carbonio passa a 9t.
Nel 1937 l'installazione dell'impianto di tetralina-decalina è completata e giunge il permesso di produrre con lo stesso anche ammoniaca sintetica.
Nel 1939 entra in funzione l'impianto di acido solforico a contatto e Carlo Maimeri progetta l'impianto della beta-ossichinolina e suoi sali.
A metà degli anni '30 in vista del secondo conflitto mondiale si insedia a Pieve Vergonte un Reparto del Servizio Chimico Militare (SCM) che produce: anidride arseniosa e soda caustica (materie prime della Dicloro Arsina) per l'esercito; cloro liquido destinato all'ACNA di Cengio e alla Società Farmaceutici di Settimo Torinese per realizzare esplosivi, aggressivi chimici, presidi di bonifica dagli aggressivi chimici; acido cloridrico per la Società Bianchi di Rho; cloruro di calcio per esercito, Aeronautica e Arsenale; cloroformio per la Società Elettrochimica del Toce di Villadossola; tetracloruro di carbonio in parte usato per gli artifizi fumogeni e in parte consegnato a Pirelli, FRIGT e Spasciani per la creazione di maschere anti-gas.
Per coprire le necessità del SCM è installato un moderno impianto di Elettrolisi dalla potenza di 6000 kW con 68 celle Krebbs a mercurio, capace di produrre 300 q/g di soda caustica al 100% e 270 q/g di cloro.
Contemporaneamente sono realizzati gli impianti per la produzione di clorurati aggressivi (diclorofenilarsina e difenilarsina), acido formico e sodio metallico mentre l'impianto del benzene è potenziato.
Le necessità energetiche dei nuovi reparti impongono l'entrata in funzione di una Centrale Termica per la produzione di vapore e l'approvvigionamento di acqua dal sottosuolo (1940) e della centrale idro-elettrica di Megolo (1941).
Lo stabilimento continua a produrre sostanze ad uso bellico anche dopo l'8 settembre 1943 quando passa sotto la protezione delle armate germaniche occupanti il Nord Italia.
Terminata la guerra la Rumianca chiude la parentesi mineraria e indirizza la sua produzione verso il settore agricolo e quello della chimica di base costruendo un moderno Laboratorio di studi e ricerche.
Nel 1946 la gamma degli anticrittogamici si arricchisce con l'impianto degli ossicloruri di rame, entrano nel ciclo produttivo i primi diserbanti selettivi clorurati a base di isomeri dell'esaclorocicloesano (Toxin, 1946), di orto e paraclorobenzeni e di DDT e si effettuano le prime ricerche nel campo dei fertilizzanti complessi nutritivi e correttivi. Tra il 1946 e il '48 sono attivati l'impianto di fosfammonio e l'impianto di solfato di ammonio e acido ossalico.
Nel 1948 inizia la produzione di DDT e cloralio e viene inaugurata la centrale idro-elettrica di Ceppo Morelli sull'Anza.
Il crescente fabbisogno di ammoniaca e acido solforico per i prodotti agricoli, determina la realizzazione di un impianto di cracking metano per la produzione della miscela azoto-idrogeno e di un grande impianto di acido solforico con forni Dorr Oliver a letto fluido.
Nel 1951 comincia la produzione di fertilizzanti granulari complessi fosfo-potassici (PK) e azoto-fosfo-potassici (NPK), miscele a base di acido fosforico, nitrato, solfato di ammonio, solfato di potassio, urea, superfosfato, cloruro, presto brevettate ed esportate in tutto il mondo.
Tra il 1953 e il 1954 il rinnovamento dell'apparato produttivo dello stabilimento determina una crescita del 10% della produzione e un aumento del 54% del fatturato.
Nel 1954 per coprire le richieste del mercato, in particolare di quello agricolo, la capacità produttiva dell'impianto cloro-soda è estesa a 250.000t annue e viene costruita una nuova Centrale Termoelettrica a nafta pesante sul canale del Toce.
Nel 1959 gli impianti della Rumianca producono circa 1.750.000 quintali annui di concimi e la capacità di stoccaggio dei magazzini è di 150.000 q.
Agli inizi degli anni '60 nel reparto Idrolisi vengono introdotte le prime celle De Nora, che nel 1974 mandano definitivamente in pensione le celle Krebbs.
Negli anni seguenti l'Assemblea sociale della Rumianca Spa decide di puntare sullo sviluppo del petrolchimico in Sud Italia e relega ad un ruolo di secondo piano gli stabilimenti di Pieve Vergonte, Borgaro Torinese e Avenza.
Dal 1965 il solfuro di carbonio necessario alla produzione di tetracloruro di carbonio non viene più prodotto all'interno dello stabilimento.
A fine anni '60 la caduta dei prezzi dei fertilizzanti (sovraproduzione superfosfati USA) induce la società ad abbandonare questo mercato in favore di quello dei fitoformaci. Per questo nel 1968 è installato l'impianto di mono e diclorotolueni.
Nel 1972 i forni Dorr Oliver sono smantellati e l'acido solforico inizia ad essere prodotto con un forno a zolfo.
Tra il 1973 e il 1974 il reparto fertilizzanti viene smantellato: chiudono gli impianti di acido arsenico (uscita delle piriti dal ciclo produttivo), acido ossalico, ammoniaca e solfato di ammonio.
Ha quindi inizio un periodo di pesante crisi caratterizzato da scioperi e cassaintegrazione. Il fallimento dello stabilimento viene scongiurato solo con l'intervento del Governo.
Tra il 1977 e il '78 l'impianto del DDT viene fermato e sottoposto a lavori di ristrutturazione (passaggio da ciclo discontinuo a continuo) per aderire alla normativa in materia di scarichi ambientali e inquinamento.
Nel 1981, quando la Rumianca S.p.a. conferisce ad ANIC S.p.a. lo stabilimento di Pieve Vergonte, la dotazione era la seguente: centrali idro-elettriche di Megolo e Ceppo Morelli, impianto ipoclorito, impianto cloro-soda, impianto acido solforico/cloridrico, impianto tetracloruro di carbonio, impianto clorobenzoli, impianto diclorobenzoli, impianto ammoniaca soluzione, impianto cloralio, soda concentrata, impianto DDT, centrale termica, aria compressa, acqua industriale e potabile, metano SNAM, cabina elettrica, officine, stoccaggio fluidi, raccordo ferroviario, laboratorio analisi, neutralizzazione acque di scarico, magazzini, fabbricati uffici-mensa-portineria, pesa, movimento, servizio antincendio, fabbricato infermeria.
Nella planimetria generale dei nuovi collettori di fogna del marzo 1981 compaiono gli impianti pilota di benzidina ed esaclorobenzene.
Nel periodo 1982-1985 la razionalizzazione dello stabilimento porta alla chiusura degli impianti di ossalato di sodio, acido cloridrico, cracking metano e ammoniaca e allo smantellamento della centrale termoelettrica a nafta costruita nel 1954.
Enichem sceglie di integrare la ex Rumianca nelle attività del gruppo attraverso la produzione di idrocarburi policiclici aromatici clorurati. Nel 1985 avvia un nuovo impianto di mono e diclorotoueni, nel 1992 espande la linea dei monoclorobenzeni e nel 1995 realizza un impiantino pilota di fotoclorurazione.
Nel 1989 quando Enimont decide di bloccare l'esportazione di DDT verso i paesi che lo importano come insetticida, lo stabilimento resta l'unico produttore su tutto il territorio nazionale. Il DDT di Pieve è utilizzato come molecola intermedia nella sintesi del Dicofol, un acaricida che trova largo impiego nei paesi produttori di agrumi (Paesi Mediterranei, Centro e Sud America ed Estremo Oriente).
La chiusura del reparto del tetracloruro di carbonio anticipa di un anno il regolamento CEE n.549/91 che impone l'eliminazione delle sostanze implicate nella riduzione dello strato di ozono.
Nel 1996 lo stabilimento di Pieve Vergonte viene messo in vendita e scoppia lo scandalo dell'inquinamento da DDT del Lago Maggiore. L'anno seguente chiude l'impianto del DDT e si fermano le produzioni di cloralio e cloridrina solforica.
La nuova proprietà Tessenderlo Italia Srl si impegna dapprima ad automatizzare le Centrali elettriche di Megolo e Ceppo Morelli (1999-2000) quindi attiva le colonne estrattive per diclorobenzeni e diclorotolueni e nel 2002 completa l'impianto di fotoclorurazione.
Nel 2005 chiudono gli impianti di acido solforico e Oleum.
Nel 2009 viene costruito un nuovo impianto di acido cloridrico di sintesi e nel gennaio 2010, a un anno dal recepimento della normativa europea per la limitazione d'uso del benzene, viene smantellata la linea dei diclorobenzeni.
Dal 1988, anno del recepimento in Italia della Direttiva CEE 501/82 (Seveso I), la ex-Rumianca di Pieve Vergonte è soggetta alla legislazione in materia di stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante. Nel suo ciclo produttivo infatti erano e sono presenti sostanze tossiche, infiammabili, comburenti e pericolose per l'ambiente stoccate in grande quantità nel perimetro dell'azienda.
L'Elaborato Tecnico di Rischio di Incidente Rilevante, allegato al Piano Regolatore di Pieve Vergonte, indica che nel 2001 il cloro (337,03t) stoccato presso lo stabilimento eccedeva la soglia limite (25t) fissata nel D.Lgs 334/99, mentre le altre sostanze pericolose presenti erano al di sotto della soglia limite: idrogeno (0,016t), acido cloridrico gas (0,03t), mercurio (72t), triossido di zolfo (0,3), metano (0,01), toluene (433 t), q diclorobenzene (231 t), monoclorobenzene (540 t), o/p tolueni (1850 t), diclorotolueni (3150 t), m diclorobenzene (1160 t), residui cloro organici (215 t), Oleum (678 t) e zolfo monocloruro (5,6 t).
Considerando che nel 2005 la produzione di Oleum e Acido Solforico è stata dismessa, gli scenari incidentali ipotizzati nell'Elaborato Tecnico ancora attuali sono la perdita significativa di cloro da tubazione e la perdita significativa di cloro da flangia. Gli effetti irreversibili del primo scenario si estenderebbero al centro del paese, alla Stazione ferroviaria e alla SS 33.
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Distanza soglia interesse | Categorie territoriali compatibili | ||
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Classe probabilità occ./anno | Area elevata letalità | Area effetti irreversibili | Area elevata letalità | Area effetti irreversibili |
1. perdita significativa di gas cloro da tubazione |
1,6E-A |
10 m |
280 m |
Interno stabilimento |
B - Scuole materna, elementare e medie, centro anziani e oratorio, complessi residenziali ad alta densità, centro diurno portatori di handicap |
2. perdita significativa di gas cloro da flangia |
3,60E-003 |
25 m |
270 m |
Interno stabilimento |
C - cinema, circolo aziendale e biblioteca, SS n.33 e aviosuperficie in progetto, centro sportivo palestra e chiesa, stazione F.F.S.S. |
3. perdita significativa Oleum su linea da impianto a stoccaggio |
8,37E-005 |
25 m |
220 m |
Interno stabilimento |
B-C-D-E-F |
L'aggiornamento del giugno 2013 dell'Inventario Nazionale degli Stabilimenti a Rischio di incidente Rilevante conferma la presenza di Tessenderlo Italia Srl (ora Idrochem) nella lista delle aziende che devono ottemperare agli art. 6-7-8 del D.Lgs 334/99 c.m. 238/05.
Relativamente al periodo antecedente la seconda guerra mondiale sappiamo che gli impianti attivati alla Rumianca erano tecnologicamente all'avanguardia, ma non conosciamo le condizioni di igiene e il livello di sforzo muscolare e scheletrico a cui erano sottoposti i lavoratori.
Non è dato sapere se a partire dal 1923, come disposto dal Regolamento Generale di Igiene del Lavoro, i lavoratori della Rumianca a contatto con mercurio, clorati-alcalini, cloro e acido cloridrico, tetracloruro di carbonio, derivati e clorurati degli idrocarburi benzenici, fossero sottoposti a visite mediche mensili o periodiche.
Nel 1946 lo stabilimento era dotato un'infermeria aziendale con dottore e le maestranze avevano a disposizione 2 aree doccia e spogliatoio nel reparto prodotti agricoli, accanto al deposito di arsenico e nei pressi dell'impianto di tetracloruro. Presso gli impianti DD Tox e Toxin non erano invece disponibili servizi igienici.
E. Casadei ricorda di avere sentito dire che gli operai che durante la seconda guerra producevano i Tox diventavano tutti rossi e lasciavano la loro impronta sul cuscino anche dopo essersi lavati.
Altro gruppo di lavoratori particolarmente esposto erano le donne delle pulizie: P. Corda ricorda che raccoglievano il mercurio sparso nelle Sale Krebbs.
A fine anni '50 gli ingenti stock di idrocarburi (1 deposito di petrolio, 3 distributori di benzina, 3 serbatoi, cassoni e fusti vari di oli combustibili minerali) portano all'istituzione di un servizio di Pompieri.
Negli anni '60 la crisi del settore chimico e i mancati investimenti peggiorano drasticamente le condizioni igieniche generali e aumentano il rischio di incidenti di varia natura. La situazione più critica si verifica nel reparto minerali dove sono stoccati arsenico e altre sostanze tossiche.
In seguito allo sciopero e all'occupazione operaia dello stabilimento, nel 1969 i lavoratori ottengono il riconoscimento della Commissione Nocività da parte della proprietà.
In un documento interno del 1971 si afferma che in poco meno di un anno la Commissione ha ottenuto l'acquisto di un'autoambulanza per gli infortunati, la realizzazione di visite periodiche preventive del medico di fabbrica (precedentemente non garantite), il cambio di reparto per gli operai predisposti ad ammalarsi, la misurazione trisettimanale della concentrazione di sostanze tossiche nella fabbrica, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di stipendio dei reparti più polverosi, ecc.
Nel maggio del 1972 il processo per la morte del manovale S. Sorrentino, decapitato dalle pale di una puleggia mentre eseguiva lavori di manutenzione, si conclude con l'assoluzione del vertice aziendale e una generica condanna contro «il progresso e la conseguente automazione degli impianti».
In realtà il processo di automazione degli impianti, avvenuto tra il 1980 e il 2005 (Elettrolisi completamente automatizzata) ha ridotto sia il rischio di incidente fisico, sia il rischio chimico dei lavoratori.
In seguito all'entrata in vigore della Legge 257/92, nella seconda metà degli anni '90, gli operai riconosciuti esposti all'amianto hanno ottenuto i benefici previdenziali previsti dalla norma.
L'amianto era stato usato in grandi quantitá per coibentare le Centrali elettriche, il reparto Elettrolisi e l'impianto di acido solforico.
Alcuni lavoratori ricordano la presenza di un deposito di manufatti Eternit all'aria aperta accanto a cui capitava anche di sostare per la pausa pranzo e sostengono che i proprietari della ditta di Vogogna che di occupavano della manutenzione degli impianti con amianto sono tutti morti.
La rassegna dei prodotti finali e delle materie prime utilizzate dal 1915 permette di definire come molto elevato il rischio chimico a cui i lavoratori sono stati potenzialmente esposti nelle varie fasi del ciclo di vita dell'azienda.
Il livello di esposizione variava in base al reparto di lavoro e alla mansione svolta.
Tra gli agenti più pericolosi usati e prodotti nel lungo periodo troviamo
(dal 1940 al 1982), acetaldeide (dal 1947 al 1997), DDT (dal 1947 al 1997), nitrato (dal 1951 al 1976), diclorobenzeni (dal 1953 al 2010);
Sia i lavoratori che la popolazione di Pieve Vergonte dal 1915 al 1972 sono stati pesantemente esposti a polveri rosse di pirite contenenti arsenico e metalli pesanti.
Le motivazioni della protesta del 1969 e le testimonianze di alcuni ex operai propendono a far credere che i dirigenti della Rumianca abbiano iniziato a prendere sul serio la legislazione in materia di prevenzione e sicurezza lavorativa solo negli anni'80.
Il cambio di proprietà dal gruppo SIR a ENI è ricordato come il più significativo. Per la prima volta i lavoratori vengono dotati di indumenti e dispositivi di protezione adeguati e i comportamenti insicuri sono disciplinati e sanzionati. Le mascherine «di pezza», usate in reparti a maggiore esposizione come il DDT, sono sostituite da maschere professionali dotate di filtri intercambiabili. Oltre alle tute di lavoro, ANIC fornisce scarpe antinfortunistiche e giacche a vento e l'uso del casco viene imposto sia in circostanze specifiche, sia per gli spostamenti all'interno stabilimento. ENI garantisce alcuni momenti di formazione, istituisce un moderno reparto sicurezza esclusivamente preposto al controllo della salubrità degli ambienti di lavoro interni e alla verifica del rispetto delle norme di sicurezza tra i lavoratori, colloca dei box esterni ai reparti da usare come sala mensa e fa preparare le vivande della mensa al di fuori dello stabilimento.
Due eventi mettono però in luce che il percorso di risanamento interno allo stabilimento è solo agli inizi: il 2 aprile 1987 l'operaio A. Trapani muore impigliato a un nastro trasportatore senza ragione apparente e senza testimoni; nel luglio 1997 il Pretore di Verbania condanna a 4 mesi di reclusione e 2 milioni di multa, con sospensione della pena, l'ex direttore Francesco Tiragallo, per stoccaggio abusivo di notevoli quantità di Eternit ed amianto.
Successivamente le procedure e i controlli dal D.Lgs. 334/99 e dalla direttiva 2003/105/CE in materia di rischio di incidente rilevante hanno accelerato la messa a norma dello stabilimento.
Nel Bilancio Tessenderlo Italia dell'anno 2000 è scritto che la società ha investito 35.116 € in interventi tecnologici finalizzati a regolarizzare lo stabilimento rispetto alla Legge 626/94.
A partire dall'entrata in vigore del Decreto Legislativo n.81 del 9 aprile 2008 nello stabilimento sono stati eseguiti programmi di formazione e informazione dei lavoratori sui problemi di sicurezza e salute e specifiche campagne di monitoraggio degli ambienti di lavoro per valutare l'esposizione agli agenti chimici.
Il programma di bonifica dall'amianto presente negli impianti è partito nel 1998 con un primo stanziamento di 297.000 € da parte di Tessenderlo Italia Srl.
G. Monga e di E. Casadei descrivono i rapporti tra operai nei primi anni '60 come improntati alla competizione e alla mancanza di solidarietà. In particolare gli operai nati prima della seconda guerra mondiale erano restii a insegnare il mestiere ai giovani e chiedevano di lavorare nei reparti dove si percepiva l'indennità di nocività per vantarsi di aver preso più soldi in busta paga.
A fine anni '60 i continui incidenti e il terribile stato di decadenza dello stabilimento, unito allo sviluppo nei sindacati di una nuova visione della dimensione lavorativa (nascita di Medicina Democratica e dei gruppi di non-delega di G.Marri e P. Oddone), conducono i lavoratori della Rumianca a scontrarsi a muso duro con la dirigenza.
« […] I dipendenti giudicano antiquati e pericolosi gli impianti.«Dobbiamo maneggiare sostanze come acido solforico e ossido di carbonio, senza che esistano le necessarie garanzie di sicurezza». Dicono che dopo una serie di casi di avvelenamento è stato necessario chiudere per un certo tempo uno dei reparti, «ma nulla è cambiato, e il lavoro è ripreso senza che fossero state modificate le apparecchiature».
Nell'ambito delle trattative per la conclusione dello sciopero e dell'occupazione della fabbrica (1969) i rappresentanti dei lavoratori rifiutano la proposta della proprietà di istituire una Commissione nocività paritetica ottenendo il riconoscimento di una Commissione nocività composta da soli operai.
La riduzione dell'orario di lavoro dei turnisti a 37 ore e 20 minuti settimanali arriva dopo gli scioperi del 1970/71, mentre il riconoscimento dell'indennità di nocività a tutti i lavoratori risale al 1976.
Dai tempi dell'Ing. Vitale agli anni '90 i dirigenti e i procuratori dello stabilimento chimico hanno considerato l'ambiente come una risorsa da sfruttare senza limiti.
La Rumianca è stata edificata in un'area alluvionale soggetta sin dall'antichita ad esondazioni.
Il Rio Marmazza è stato deviato e usato come scarico mentre il paesaggio e gli altri affluenti del Toce sono stati piegati alle necessità di costruzione e funzionamento delle Centrali idro-elettriche.
I minerali e le polveri diretti dentro e fuori lo stabilimento viaggiavano su camion scoperti e all'interno erano stoccati in modo sommario subendo l'azione dispersiva degli eventi atmosferici e alluvionali.
Sino al 1973 nei cortili dello stabilimento erano conservate anche fosforiti contenenti 238
uranio.
Le venefiche polveri rosse di pirite contaminate di arsenico sono state per molto tempo un tratto caratteristico dell'abitato di Pieve Vergonte.
L'aria dei paesi limitrofi allo stabilimento è stata ammorbata prima dalle esalazioni di fumogeni e nebbiogeni, poi da fuoriuscite di anidride solforosa, anidride solforica, tetracloruro di carbonio e monocloruro di zolfo.
Per tre quarti di secolo nel fiume Toce sono state riversate tonnellate di sostanze chimiche tossiche e nocive.
Nel 1977 è stata realizzata una discarica di minerali e fanghi contenenti ossidi di mercurio in un'area interna ai bordi del fiume soggetta a filtrazione.
Nel 1982 è stata costruita una seconda discarica di 8500 m2
, che ufficialmente doveva ospitare attrezzature obsolete, materiale di riempimento e imballaggio, materiali provenienti da demolizioni edili, ma nella pratica causava la fuoriuscita di pesticidi clorurati da vasche di compensazione non a norma.
Il 7 dicembre 1970 l'Ufficiale Sanitario documentava lo scarico nelle fogne di prodotti acidi, basici e solidi neutralizzati con ammoniaca, la presenza di due lanche di sedimentazione per gli acidi del reparto acido solforico e tetracloruro di carbonio in transito verso il Marmazza, l'afflusso verso il Toce di ceneri di pirite fuoriuscite dai bacini di decantazione.
Diciassette anni dopo nel Rapporto del Laboratorio di Sanità Pubblica di Novara del 10 giugno 1987 sulla condizione del Toce si leggeva:
[...] successivamente si ha un progressivo degrado fino a raggiungere la massima compromissione in prossimità del centro industriale di Pieve Vergonte dove si registra la situazione più grave dell'intero bacino del Toce. In questo tratto il fondale del fiume è spesso ricoperto da un sedimento arancio-rosso, ogni forma di vita acquatica è praticamente assente.
Nel 1996 le prime analisi effettuate dopo la denuncia della delegazione svizzera del CISPP (Commissione per la pesca nelle acque italo-svizzere) sulla contaminazione da DDT del Lago Maggiore rivelavano che le trote pescate nel Toce a valle dello scarico Enichem presentavano contenuti elevatissimi di DDT (massimo 4 mg kg-1) così come i sedimenti superficiali lacustri alla foce del Toce (un massimo di 1,9 mg kg-1).
Tra gli anni '70 e '90 i dirigenti della ex Rumianca sono stati alacremente impegnati nell'opera di raggiro delle normative nazionali, regionali, provinciali e delle ordinanze sindacali in materia di tutela ambientale.
Per 48 anni gli scarti del DDT prodotto sono stati riversati nel Toce.
L'impianto di acido solforico, segnalato nel 1982 dal CRIAP come bisognoso di interventi urgenti per fermare l'emissione di fumi di SO2 eccedenti la norma, nel 1992 era ancora al centro delle cronache per la fuoriuscita di una nube tossica.
L'adeguamento dello stabilimento alle migliori tecnologie disponibili, laddove è avvenuto, anche dopo il '90, è stato imposto dalle leggi e dalle autorità.
All'atto della cessione dei diritti di superficie sugli impianti e della proprietà delle Centrali idro-elettriche Tessenderlo Italia ha firmato un accordo con il Ministero dell'Ambiente in cui si impegnava a investire oltre 16 miliardi di Lire per la messa a norma dello stabilimento.
Purtroppo l'accordo non contemplava la riconversione in celle a membrana delle celle a mercurio dell'Elettrolisi. Così nel 2007 la Società ha definitivamente archiviato il progetto di riconversione che nel 2004 aveva ottenuto il sostegno economico dello Stato.
I primi focolai di conflitto tra lo stabilimento e la popolazione locale sono stati innescati dagli stravolgimenti ambientali provocati dalla costruzione delle Centrali idro-elettriche di Megolo (1938/1941) e Ceppo Morelli (1947) .
A Megolo, come riferiva il Parroco al Prefetto, l'acqua scarseggiava ed era di cattiva qualità. Lo stesso problema si riproponeva nel 1942 a Fomarco.
In un esposto inascoltato del geometra A. Rovaletti di Pieve Vergonte si palesava il timore, rivelatosi fondato, che lo scarico delle acque del Marmazza nel Toce e la costruzione di un canale derivatore per la centrale di Megolo potessero provocare un effetto diga con conseguenti allagamenti.
Altro motivo di disagio, condiviso anche dalle industrie locali, erano le esalazioni nebbiose generate dalla produzione di fumogeni e nebbiogeni.
Il 2 dicembre 1939 le attività delle Industrie Elettrochimiche dell'Ossola, della Società Galtarossa di Domodossola e della Rumianca erano state sospese per un guasto alle linee elettriche dell'impianto Toce-Devero-Ovesca, che secondo la Società Volta, non poté essere riparato celermente a causa delle persistenti nebbie prodotte dallo stabilimento chimico.
Sempre un episodio connesso alla costruzione della Centrale di Megolo fu al centro di un conflitto apertosi con il Comune di Pieve Vergonte nel dopoguerra.
Nel 1950 il Sindaco citò in giudizio la Rumianca per ottenere il pagamento (conseguito con un accordo l'anno seguente) delle terre comunali occupate dalla Centrale. In un documento dell'accusa presentato presso il Tribunale di Pallanza si legge:
Vero è che la società ha portato in tutta la zona lavoro, benessere, puzza e isterilimento. Siam persuasi anche noi che dopo qualche anno di esalazioni non solo i prati e i pascoli ma anche i polmoni degli abitanti varranno poche lire al metro quadro […] Sembra aleggiare intorno alle azioni della Rumianca un ritornello sotto inteso, che cioè quanto essa faccia, nel territorio del detto Comune di Pieve, sia a tutto beneficio degli abitanti, e ama raffigurasi, la Società come una benefica fata solo curante dell'altrui e niente del proprio interesse. Potremmo, volendo, constatare questa illusoria visione che la Società ha di se stessa, nella zona, con ben precise documentazioni circa l'entità dei danni subiti dal Comune e dai suoi abitanti per la semplice presenza dello Stabilimento.
Negli anni '70 il grave stato di inquinamento del Toce, provocato in particolare dagli scarichi di DDT, aveva suscitato proteste e azioni legali sia da parte della dottoressa Livia Tonolli, direttrice dell'Istituto Italiano di Idrobiologia e presidente del Consorzio Interprovinciale Tutela Pesca del Lago Maggiore, sia da parte dell'Associazione Volontaria Montanari Ossolani che riuniva i pescatori locali.
Nel 1970 il Capo Stazione di Pieve Vergonte chiedeva e otteneva l'intervento del Sindaco contro le ammorbanti esalazioni provenienti dal reparto tetracloruro di carbonio, che in più di un caso avevano costretto il personale di manovra e macchina della Sazione a interrompere il proprio lavoro.
Tra il 1971 e il 1972 gli abitanti di Megolo e Anzola e il Sindaco di Piedimulera si levavano contro il grave stato di inquinamento dell'aria provocato dallo stabilimento.
Nel 1977, a un anno di distanza dal disastro di Seveso, il neo Sindaco di Pieve Vergonte indiceva un assemblea pubblica con la presenza di autorità regionali e provinciali per discutere dei “gravissimi danni” provocati dagli stabilimenti industriali Tonolli e Rumianca alle attività agro-pastorali e all'ambiente.
Le cronache della Stampa tornavano a documentare episodi di protesta pubblica contro la ex Rumianca nel 1992 quando, dopo il potenziamento dell'impianto dei diclorobenzeni, circa 60 abitanti di Pieve Vergonte, residenti nei pressi dello stabilimento, consegnavano agli amministratori locali una petizione in cui lamentavano crescenti mal di gola, bruciori agli occhi, dermatiti e disturbi di natura allergica.
L'ultima vertenza risale al 2007, quando Legambiente Verbano ha organizzato un sit-in fuori dallo stabilimento per contestare la scelta di Tessenderlo di abbandonare il piano di riconversione delle celle a mercurio dell'impianto cloro-soda.
Nel periodo precedente la seconda guerra mondiale non vi sono stati reali momenti di tensione tra proprietà e amministratori comunali. Il Comune di Pieve Vergonte, che del resto aveva ampliato la sua rete viaria grazie al contributo totale o parziale della Rumianca, si accontentava di ricevere delle compensazioni per i disagi socio-sanitari provocati dalle attività dello stabilimento.
A fine anni '20, in seguito all'aumento delle spese comunali destinate alle cure mediche dei poveri, la Rumianca aveva esteso la Convenzione con l'Ospedale San Biagio di Domodossola per la cura dei suoi operai con familiari, a tutti gli “infermi” di Pieve Vergonte, Vogogna, Piedimulera, Cimamulera e frazioni.
In base al “Testo Unico dell Finanze locali” dal 1934 il Comune di Pieve Vergonte otteneva il diritto di riscossione di una quota parte delle tasse versate dallo stabilimento.
In epoca fascista la Prefettura e in particolare l'autorità podestrarile si muovevano in sintonia con la Società. Il Dopolavoro della Rumianca era diventato il centro della vita sociale della cittadina e nessuno si preoccupava dei danni irreversibili causati al territorio e alla popolazione locale dall'espansione dello stabilimento.
La situazione era destinata a mutare radicalmente con la crisi economica, il blocco delle assunzioni e la forte disoccupazione postbellica.
A fine anni '40 il Comune di Pieve Vergonte era oberato dalle spese sanitarie degli emigranti che giungevano in paese per essere assunti dalla Rumianca e la Società decideva di offrire a tutto il paese il servizio di trasporto a Domodossola degli alunni delle scuole medie.
Nel 1950 il Sindaco citava in giudizio la Rumianca richiedendo il rimborso dei terreni comunali occupati tra 1938 e 1942 a titolo di risarcimento dei danni provocati alla natura e alla salute degli abitanti.
L'anno seguente lo stesso intimava alla direzione dello stabilimento di porre al più presto fine allo sversamento di acque inquinate nelle campagne circostanti.
Gli effetti di circa 40 anni di pesante e incontrollato inquinamento del fiume Toce non potevano più essere minimizzati e così nel 1953 il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste sospendeva il rilascio dell'autorizzazione prefettizia per lo scarico dei rifiuti della Rumianca nel fiume in vista di accertamenti.
Negli anni '60, complice il boom economico, Comune e Società si trovavano a promuovere insieme attività e iniziative sportive.
In seguito all'attuazione della Legge 615/66 “Provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico” lo stabilimento veniva monitorato da Ufficiale Sanitario e Medico Provinciale e, in ragione delle gravi carenze riscontrate, nel 1969 il Comune decideva di costituire la “Commissione di Controllo sullo Stato dei Lavori Antinquinamento presso la Società Rumianca”.
Nel 1972 il Sindaco di Piedimulera dichiarava che i fumi e le esalazioni della Rumianca provocavano inconvenienti alla salute pubblica e danneggiavano la circolazione stradale nel suo Comune.
Dagli anni '70 l'attività di controllo del rispetto della normativa ambientale del Comune di Pieve Vergonte veniva supportata non solo dai servizi sanitari provinciali, ma anche dalla Regione Piemonte. I Sindaci succedutisi emanavano svariate Ordinanze per imporre allo stabilimento il rispetto della legge e il ripristino della salute pubblica.
Il 27 gennaio 1973, quando il Comune di Pieve Vergonte per Decreto Ministeriale era classificato come «zona di controllo A» (comune con caratteristiche industriali o urbanistiche o geografiche o meteorologiche particolarmente sfavorevoli nei riguardi dell'inquinamento atmosferico) ai fini della prevenzione del controllo dell'inquinamento atmosferico, la giunta riunita in sessione straordinaria richiedeva all'Ufficiale Sanitario una relazione medico sanitaria sugli effetti prodotti dall'inquinamento atmosferico e invitava i tecnici del Comitato Regionale contro l'Inquinamento Atmosferico Piemonte (CRIAP) a effettuare un sopralluogo per determinare lo stato degli impianti della Rumianca.
Nel 1975 il Comune di Pieve Vergonte, su indicazione del CRIAP, ordinava alla Rumianca di presentare entro tre mesi un progetto per abbattere le immissioni e renderle compatibili con la legge.
A fine gennaio 1976, in seguito alla denuncia del Consorzio Tutela Pesca relativa all'inquinamento da mercurio e pesticidi del Lago Maggiore il Presidente della Provincia di Novara revocava per breve tempo la concessione di scarico nel Toce della Rumianca.
La direttrice dell'Istituto Italiano di Idrobiologia e presidente del Consorzio Interprovinciale Obbligatorio Tutela Pesca Lago Maggiore, Livia Tonolli, sollecitava la Regione ad un rapido intervento per porre fine all'afflusso di DDT dallo stabilimento di Pieve Vergonte al Lago Maggiore
e presentava un esposto alla Procura.
Nel febbraio 1977 lo stabilimento dichiarava di avere migliorato i sistemi di scarico del reparto cloro-soda e DDT, ma il Sindaco giudicando incompleta la documentazione fornita diffidava la Rumianca dall'eseguire nuovi scarichi sul territorio comunale.
Tra aprile e maggio si apriva un nuovo fronte di battaglia perché la Rumianca non intendeva costruire le vasche di stoccaggio dei fanghi secondo le modalità richieste dal Comune.
In giugno, dopo che il referto dei campionamenti sui terreni di Pieve Vergonte confermava una condizione di pesante contaminazione da metalli pesanti, la Giunta municipale convocava un'Assemblea Pubblica.
Nel 1980 lo Stato italiano evitava la chiusura dello stabilimento imponendo all'Ente Nazionale Idrocarburi di assorbire le attività del gruppo SIR mentre, la crisi e il declino dell'industria in Ossola, rendevano gli Enti locali più sensibili all'esigenza di tutelare l'occupazione sul territorio.
La Regione Piemonte permetteva alla ex-Rumianca di costruire in loco una discarica divenuta appena due anni oggetto di un'ordinanza sindacale a causa dello spargimento di rifiuti nei terreni circostanti e nel Toce in caso di pioggia.
Tra il 1982 e il 1985 il Comune di Pieve Vergonte percepiva da E.N.I. quasi 800 milioni a titolo di parziale compenso per i danni provocati dagli scarichi inquinanti dello stabilimento (Legge 319/1976).
Nel novembre 1985 i Vigili del Fuoco di Pieve Vergonte chiedevano alla U.S.L. 56 una relazione sui fumi prodotti dalla Enichem.
L'11 ottobre 1988 il Presidente della Provincia di Novara autorizzava la sede Enichem di Pieve Vergonte a stoccare provvisoriamente in azienda i propri fanghi mercuriali.
Negli anni seguenti gli organi tecnico-sanitari di Provincia e Regione sono stati costantemente impegnati nelle campagne di monitoraggio del fiume Toce.
Il 30 novembre 1993 la Regione Piemonte concedeva alla ex Rumianca l'autorizzazione per le emissioni atmosferiche e accoglieva la richiesta di installazione di due serbatoi da 150 m3 di acido cloridrico, di una linea di fotoclorurazione e di una stazione di ricondizionamento dei mezzi di trasporto.
Dall'autunno 1993 il compito di accertare il rispetto dei limiti di emissione e delle prescrizioni imposte alle industrie passava dalla Regione alle Province.
Nel giugno 1996, dopo che il presidente della delegazione svizzera della Commissione per la pesca nelle acque italo-svizzere (CISPP) aveva comunicato alle autoritá italiane i risultati di una ricerca del Laboratorio Cantonale di Lugano secondo cui i pesci del Lago Maggiore erano contaminati da DDT e prodotti secondari, il Ministro dell'Ambiente Edo Ronchi e la provincia del VCO, avvalendosi del Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri e del CNR IRSA di Brugherio, disponevano un'indagine sullo stabilimento chimico di Pieve Vergonte e una serie di analisi sulla presenza di DDT nei sedimenti del Toce e del Lago Maggiore.
Il 17 giugno il Ministro Ronchi emanava un'ordinanza con cui blocca per 90 giorni lo scarico di reflui dell'impianto del DDT nel Marmazza e ordina una serie di misure per la messa in sicurezza tempoarnea del sito. Contemporaneamente gli Assessorati alla Sanità della Regione Piemonte e della Regione Lombardia, in accordo con le autorità elvetiche, disponevni il divieto temporaneo di pesca e di uso alimentare dell'agone.
La cronaca locale de «La Stampa» dei giorni successivi riportava le reazioni di alcuni politici locali e di altri cittadini all'interventodel Ministro Il presidente della Provincia del VCO Giuseppe Ravasio definiva sconcertanti e improvvide l'iniziativa di Ronchi e il divieto di pesca e consumo dell'agone. Il direttore dell'Istituto di Idrobiologia del CNR di Pallanza Riccardo de Bernardi, chiamato a ricoprire il ruolo di assessore provinciale all'Ambiente in occasione dello scandalo DDT, si diceva amareggiato per la diffusione di notizie tese a generare confusione. Su Ronchi piovevano pesanti critiche gali albergatori preoccupati per la stagione turistica, dal sindaco di Verbania Aldo Reschigna (giunta di centro-sinistra) e dall'onorevole Marco Zacchera (AN), futuro commissario italiano della CISPP, che lo definiva irresponsabile e ne chiedeva le dimissioni.
A luglio prima era vietata la pesca alla trota nel tratto del Toce da Pieve Vergonte a Verbania e poi il divieto veniva esteso a trote, coregonidi, scardole e alborelle del Lago Maggiore.
Il 28 settembre un'altra ordinanza ministeriale reiterava di 6 mesi il blocco degli scarichi di DDT e imponeva l'obbligo di dimezzare rispetto alla Legge Merli le concentrazioni di tutte le sostanze chimiche scaricate.
Nel 1997 la Regione Piemonte autorizzava Tessenderlo Italia a installare in loco un impianto di stoccaggio temporaneo (capacità 320 t) di rifiuti pericolosi contenti PCB e residui cloro organici.
Dopo l'inserimento di Pieve Vergonte tra i SIN l'apparato politico degli Enti locali hanno cercato di minimizzare le conseguenze della contaminazione del Toce e del Lago Maggiore.
Nel 2003 il Presidente della Regione Ghigo liberalizzava parzialmente la pesca sul Lago Maggiore sulla base di un documento quantomeno ambiguo trasmesso dall'onorevole Marco Zacchera, allora presidente della Commissione Italo-Svizzera Per la Pesca (CISPP).
In seguito le forze politiche locali hanno preferito organizzare convegni per discutere come investire il denaro dei futuri indennizzi e hanno esercitato il ruolo di gatekeeper limitando l'afflusso di informazioni alla stampa e alla popolazione.
La prima vicenda processuale in cui è stato coinvolto lo stabilimento è datata 1938 ed fu chiusa dall'intervento del Ministero delle Corporazioni. La Società Dinamo aveva fatto causa alla Rumianca per non avere pagato interamente l'energia acquisita dalla capogruppo Edison.
Sempre al 1938-42 risale l'occupazione dei terreni comunali non indennizzati per cui il Sindaco di Pieve Vergonte nel 1950 aveva citato in giudizio lo stabilimento, accettando un'accordo risarcitorio l'anno seguente.
I processi relativi ai casi di morti sul lavoro svolti tra fine anni '30 e anni '70 si sono conclusi senza condanne penali.
Dal 1970 in poi le vicende giudiziarie dello stabilimento hanno riguardato casi di violazione della normativa ambientale.
Nel 1971 il Pretore di Verbania proscioglieva il direttore e procuratore dello stabilimento Ettore Grillo dall'accusa di avere immesso nelle acque del Toce scarichi industriali nocivi.
Nel 1997 l'ex direttore Francesco Tiragallo era condannato a 4 mesi di reclusione e 2 milioni di multa, con sospensione della pena, per stoccaggio abusivo di notevoli quantità di Eternit ed amianto.
Tra ottobre 1998 e maggio 1999 13 ex-dirigenti Enichem erano processati con l'accusa di danneggiamento reiterato e inquinamento da DDT del torrente Marmazza, del fiume Toce e del Lago Maggiore (violazione della Legge Merli e la Legge Merli bis). Oltre 110 tra Comuni, associazioni, pescatori e privati si erano costituiti parte civile. Nella primavera 1999 il Pubblico Ministero Francesco Argentieri accettava le richieste di patteggiamento degli ex dirigenti ed Enichem metteva a disposizione del Ministero dell'Ambiente una polizza fideiussoria di 53 miliardi per la bonifica. Il 17 maggio 1999 il Tribunale di Verbania condannava 12 ex dirigenti a pene lievi (3/9 mesi con sospensione della pena) e qunatificava in 11 miliardi e 600 milioni i risarcimenti dovuti da Enichem alle parti civili ammesse (tra cui i Comuni di Pieve Vergonte, Mergozzo e Verbania).
Nel maggio 2004 il responsabile legale di Syndial era condannato a 2 mesi di carcere (convertiti in 2.850 € di multa) per la presenza di un'eccessiva concentrazione di cloroformio nelle acque rilasciate nel Toce dall'impianto TAF. La condanna riconosceva il superamento del limite di concentrazione delle sostanze pericolose negli scarichi previsto dalla Determina Provinciale n.118/2004 sulla base delle indicazioni del Dipartimento ARPA del Verbano Cusio Ossola (VCO). Contro tali limiti Tessenderlo presentava ricorso al TAR del Piemonte.
Nella primavera 2008 il TAR del Piemonte accorpava 3 ricorsi presentati negli anni precedenti da Syndial dichiarandone due inammissibili e rigettando il terzo relativo alle conclusioni della Conferenza dei Servizi del 2006. Il successivo ricorso di Syndial con richiesta di sospensiva della sentenza del TAR Piemonte presso il Consiglio di Stato non è ancora stato discusso.
L'8 luglio, con la sentenza n.4991/2008, il Tribunale di Torino riconosceva Syndial colpevole di danno ambientale per avere provocato l'inquinamento da DDT del Lago Maggiore nel periodo 1990-1996 e la condannava a versare una multa di 1,8 miliardi di Euro al Ministero dell'Ambiente. La cifra della multa corrispondeva al costo stimato nel 2001 dalla Regione Piemonte per la realizzazione degli studi sull'impatto territoriale dello stabilimento e per i piani di caratterizzazione delle matrici suoli e rifiuti, del torrente Marmazza, del fiume Toce, del Lago Mergozzo e del Lago Maggiore.
Negli anni successivi il Tribunale di Verbania proscioglieva per ben 2 volte i responsabili di Tessenderlo dall'accusa di eccessiva concentrazione di inquinanti nelle acque di scarico dello stabilimento.
Il Piano Operativo di Bonifica (POB) del 2012 elenca come contaminanti indice caratterizzanti il SIN: somma DDT, DDD DDE, esaclorobenzene, IPA totali, Idrocarburi C <12 , Idrocarburi C >12, diossine e furani (PCDD + PCDF), Policlorobifenili (PCB) totali, mercurio, arsenico, rame, piombo, zinco.
Esaclorobenzene, DDT (non solubile in acqua), IPA (idrocarburi policiclici aromatici), PCB (policlorobifenili), diossine e furani, insieme al tetracloruro di carbonio (freon13), fanno parte dei cosiddetti POP (Persistent Organic Pollutants), sostanze tossiche, alteratori endocrini e della riproduzione, cancerogeni o sospetti tali, che in virtù della loro persistenza sono trasportati a distanza, si accumulano nel grasso degli animali ed entrano nella catena alimentare.
Tra i metalli più dannosi caratterizzati da liposolubilità il mercurio, colpisce principalmente Sistema Nervoso Centrale e reni ed è in grado di trapassare la placenta. Nell'acqua si trasforma in metilmercurio e fissandosi nel grasso dei pesci entra nella catena alimentare di uccelli e umani.
Suolo |
metalli pesanti (antimonio, arsenico, cadmio, mercurio, piombo, rame, selenio, zinco), DDT e suoi derivati, idrocarburi clorurati alifatici e aromatici, idrocarburi leggeri e pesanti, IPA, PCB, diossine e furani |
Acqua di falda |
alluminio, arsenico, mercurio, cadmio, ferro, manganese, nichel, piombo, zinco, cloroformio, benzene, clorobenzene, diclorobenzeni, tetracloruro di carbonio, tetracloroetilene, PCB, DDT e derivati |
Sedimenti |
DDT totali, p,p DDE, arsenico, rame, cadmio, mercurio, PCB, esaclorobenzene |
Animali e vegetali |
DDT totali, p,p DDE, mercurio, PCB |
A partire dagli anni '50 gli scarichi in acqua e in aria della Rumianca sono stati periodicamente monitorati dall'Ufficiale Sanitario.
Negli anni '70 l'aumento della dispersione di inquinanti nelle matrici ambientali aveva portato all'istituzione della “Commissione Controllo presso la società Rumianca” (Delibera Comunale 19 dicembre 1970).
Il 30 novembre 1976 la prof.ssa Livia Tonolli, direttrice dell'Istituto Italiano di Idrobiologia scriveva all'Assessore per l'Ecologia del Piemonte e al Presidente dell'Amministrazione Provinciale:
“Siamo a conoscenza che attraverso il Fiume Toce pervengono al Lago Maggiore mercurio e pesticidi (sopra tutto DDT) in concentrazioni superiori a quelle considerate accettabili per i bacini lacustri. Sin dal 10 luglio 1975 (Prot. 757102) il Consorzio Interprovinciale Obbligatorio Tutela Pesca Lago Maggiore, che ho l'onore di presiedere, segnalò alla Regione, all'Amministrazione Provinciale, al Laboratorio di Igiene e Profilassi, nonché per conoscenza alla Società Rumianca di Pieve Vergonte, questa situazione del tutto intollerabile, chiedendo che venissero presi provvedimenti al fine di risolvere questo problema” […] “E' a tutti noto che la maggiore pericolosità è data da composti che possono essere accumulati negli organismi di una catena alimentare che termina con l'uomo: questo rende ancora più grave questa mia denuncia che, se non sarà oggetto di attenzione nel più breve tempo possibile, si trasformerà in una denuncia diretta alla Procura della Repubblica”.
Nei primi mesi del 1977 l'Assessorato alla tutela dell'Ambiente della Regione Piemonte, allarmato da una relazione del Laboratorio Provinciale di Igiene e Profilassi di Novara, chiedeva all'Ispettorato del Lavoro l'attivazione di una campagna sanitaria tesa all'accertamento di danni biologici o accumuli abnormi di metalli nell'organismo dei lavoratori della metallurcica Tonolli S.p.a.
Il 3 giugno 1977 la neo giunta del Sindaco Silvano Rigotti convocava un'assemblea pubblica
«per puntualizzare e decidere contro i gravissimi danni alle Coltivazioni – Bestiame - Ambiente derivanti dagli scarichi degli stabilimenti industriali. Recenti prelievi e le conseguenti analisi hanno riscontrato la presenza in quantità ALLARMANTE di FERRO – ZINCO – MERCURIO – RAME – PIOMBO – CADMIO sostanze tutte che intaccano irrimediabilmente l'ORGANISMO VIVENTE (persone ed animali). Data la gravità della situazione tutta la popolazione è invitata a partecipare per discutere e cercare assieme una risoluzione al problema».
Nell'autunno dello stesso anno gli assessorati all'Ecologia e alla Sanità della Regione Piemonte invitavano al prelievo di sangue volontario gli alunni dai 9 ai 14 anni e il Sindaco rivolgeva il medesimo appello a tutti i cittadini di Pieve Vergonte, in particolare agli agricoltori, ai lavoratori degli stabilimenti e ai frazionisti di Loro e Fomarco.
La gravità della situazione induceva la Rumianca a chiudere momentaneamente l'impianto di DDT per ammodernalo e dotarlo di un sistema di abbattimento degli scarichi.
Nel 1978, a impianto DDT riattivato, i risultati delle analisi svolte dal Laboratorio di Chimica Agraria dell'Università di Milano indicavano valori sopra la norma di cadmio, mercurio e piombo. Le acque analizzate presentavano risultati anomali (Legge 319 del 10/05/1976) per il valore di pH e il contenuto di rame. Nel latte il valore del piombo superava quello medio stabilito dall'OMS. Visto ciò il direttore del Laboratorio Provinciale di Igiene e Profilassi di Novara segnalava la necessità di predisporre un piano di indagini da effettuarsi tramite gli «Organi Sanitari del Comune».
Negli anni successivi la pesante crisi industriale del VCO e il problema occupazionale portavano in secondo piano le problematiche ambientali.
Le analisi periodiche sui campioni delle acque del Marmazza a monte e a valle dello stabilimento rivelavano valori di DDT, mercurio e clorobenzeni mediamente nella norma contrariamente alle analisi sulle comunità macrobentoniche in alcuni tratti del Toce che restituivano risultati piú critici.
La perizia 7 novembre 1984 del Laboratorio di Sanità Pubblica dell'U.S.L. 51 sui campioni delle acqua del Marmazza ipotizzava che il torrente Marmazza ricevesse reflui di lavorazioni durante l'attraversamento della fabbrica, in seguito alla presenza di inquinanti quali DDE, DDT e mercurio nel rio a valle dello stabilimento ma prima dello scarico.
Si giungeva così al fatidico 1996, anno in cui la Svizzera denunciava la contaminazione da DDT del Lago Maggiore.
L'11 giugno le analisi ordinate dal Ministero dell'Ambiente confermavano che i pesci del Maggiore presentavano concentrazioni di DDT nel grasso oltre i limiti di legge (0,1 mg/Kg) e i sedimenti lacustri risultavano fortemente contaminati (1,750 mg/Kg).
Le indagini del Noe nello stabilimento chimico accertavano l'inquinamento di suolo, sottosuolo e falda acquifera e la mancanza di sistema fognario e di depurazione (le acque di lavorazione erano diluite per essere compatibili con Legge Merli).
Il 17 giugno il Ministro dell'Ambiente Edo Ronchi emanava un'Ordinanza con cui blocca per 90 giorni l'attivazione dell'impianto del DDT e ordinava una serie di misure per la messa in sicurezza di emergenza dello stabilimento. Nel settembre il blocco dell'impianto del DDT veniva reiterato e nel 1997 Enichem decideva di chiuderlo.
Con l'istituzione del SIN di Pieve Vergonte nel 1998 le attività di controllo ambientale e sanitario passavano direttamente allo Stato Nazionale che si appoggiava al Dipartimento dell'Agenzia Regionale Protezione Ambiente (ARPA) dislocato nel VCO.
Il 15 aprile 2002 il Ministero dell'Ambiente chiedeva a Syndial di effettuare uno studio sullo stato di contaminazione delle principali matrici ecologiche del torrente Marmazza avvalendosi della collaborazione e delle specifiche di campionamento ministeriali. Contemporaneamente ARPA riceveva l'incarico di avviare una campagna d'indagine per definire gli apporti al Lago Maggiore di DDT, esaclorobenzene (HCB), e mercurio derivanti dal Toce e dall'area industriale di Pieve Vergonte.
Il Rapporto finale del progetto“Analisi dell'apporto di DDT dal fiume Toce al Lago Maggiore” stilato nel 2010 da Regione Piemonte, Politecnico di Torino e ARPA Piemonte concludeva:
“I dati a disposizione hanno permesso di stimare un apporto medio di circa 120 grammi di DDT all’anno verso il Lago Maggiore. Il flusso di DDT verso il lago è tendenzialmente maggiore durante gli eventi di piena, in quanto questi trasportano quantità elevate di materiale in sospensione. Tuttavia la frequenza relativamente modesta di questi eventi fa sì che il contributo maggiore all’apporto di DDT al Lago Maggiore sia legato alle portate medio-basse, che trasportano flussi ridotti di DDT ma per tempi lunghi.”
A partire dall'istituzione dei Registri Comunali di Mortalità (1980), la Provincia del VCO, in cui è inserito il SIN di Pieve Vergonte, è stata caratterizzata da una rilevante mortalità per tumori e malattie cardiovascolari.
Nel periodo di poco successivo allo scoppio dello scandalo DDT, lo studio Le patologie tumorali nel VCO: il quadro epidemiologico, realizzato da Ennio Cadum nel 1997, collocava il VCO all'11° posto per mortalità generale da tumore maschile e al 37° per mortalità generale femminile.
Dati approssimativi sulla mortalità nel SIN di Pieve Vergonte nel periodo 1980-88 possono essere estratti dall'Atlante della mortalità tumorale nelle province di Novara e Verbano Cusio Ossola 1980-88. La mortalità generale maschile e femminile, la mortalità per malattie cardiovascolari e la mortalità per cause accidentali erano al di sopra della media regionale in tutti i comuni del SIN. A Vogogna e Piedimulera anche le morti per tumore eccedevano la media regionale.
I tumori la cui media oltrepassava quella regionale erano per gli uomini i tumori a pancreas (Piedimulera), prostata (Pieve Vergonte, Vogogna) e vescica (Vogogna e Piedimulera), per le donne i tumori a polmone (Pieve Vergonte), mammella (Vogogna), ovaio (in tutto l'area SIN) e le leucemie (Vogogna, Piedimulera).
L'ex operaio M. Rinaldi ricorda che quando era entrato in fabbrica i lavoratori associavano il tumore alla vescica alle attività svolte nello stabilimento.
Dati più accurati (cause mortalitá ampliate allo standar OMS International Classification of Diseases) sono disponibili per il periodo 1998-2002 nell'Atlante delle patologie ambientali del Piemonte 1998-2002 di Arpa Piemonte.
La mortalità generale, la mortalità per tumori e la mortalità per infezioni nell'intero SIN risultavano superiori alla media regionale.
Uomini e donne condividevano tassi di mortalità in eccesso per tumore allo stomaco, cirrosi epatica, malattie del sistema circolatorio e asma.
La mortalità per tumori alle ghiandole del sistema riproduttivo (prostata e ovaio) e alla mammella, insieme a quella per malattie del sistema genito-urinario eccedeva la media regionale.
La mortalità in eccesso per malattie del sistema linfo-emopoietico interessava entrambi i sessi, ma mentre le donne erano più colpite da mieloma e morbo di Hodgkin, gli uomini erano più soggetti a leucemie e linfomi non Hodgkin.
La mortalitá maschile eccedeva la media regionale per i tumori dell'apparato digerente (colon e retto, fegato e dotti) e respiratorio (laringe, bronchi e polmoni), per i tumori del sistema nervoso e per le malattie alle corna anteriori.
Nel 2000 la Regione Piemonte ha ordinato all'ARPA di Grugliasco uno studio epidemiologico sulla presenza di DDT nel latte materno in Piemonte e in particolare nel VCO. I livelli di DDT riscontrati vennero dichiarati nella media nazionale, ma come denunciato da Legambiente per comprendere gli effetti della contaminazione partita da Pieve Vergonte servivano indagini più mirate concentrate sui lavoratori dello stabilimento chimico o sui reperti istologici postoperatori.
Il primo studio epidemiologico che ha preso in considerazione gli effetti della contaminazione ambientale e il rischio sanitario nel SIN di Pieve Vergonte (Comuni di Pieve Vergonte, Vogogna, Piedimulera) è stato lo Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischi da Inquinamento (2007-2010), finanziato dall'Istituto Superiore di Sanità.
Il Progetto S.E.N.T.I.E.R.I. ha valutato la mortalità delle popolazioni residenti in 44 SIN nel periodo 1995-2002 allo scopo di individuare gli interventi di risanamento prioritari alla prevenzione di patologie causate da sorgenti di esposizione ambientale.
L'esito della ricerca ha confermato che sino al 2002 la mortalità generale, quella per tumori e per malattie circolatorie nel SIN di Pieve Vergonte era superiore alla media nazionale:
«Il profilo di mortalità nel SIN di Pieve Vergonte mostra un eccesso tra gli uomini e le donne per tutte le cause, tutti i tumori e per le malattie circolatorie. Per le cause di morte per le quali vi è a priori un'evidenza Sufficiente o Limitata di associazione con le fonti di esposizioni ambientali del SIN, elencate nelle tabelle 2 e 3, si osserva un eccesso per il tumore del colon-retto tra le donne e per il tumore dello stomaco in entrambi i generi, seppure con stime imprecise».
Nelle Considerazioni conclusive si consiglia di attivare forme di sorveglianza epidemiologica per monitorare gli esiti di mortalità alla luce della recente rassegna epidemiologica sull'esposizione a DDT e/o DDE, in cui si consolida l'evidenza di un'associazione tra tali sostanze e tumore alla mammella, diabete, diminuita qualità dello sperma, aborti spontanei e alterazioni dello sviluppo neurologico dei bambini.
Nel 1998 l'area industriale di Pieve Vergonte è stata inserita tra i “primi interventi di bonifica di interesse nazionale” dalla Legge 426.
Il primo Progetto di Bonifica, presentato il 24 agosto 1999 da Enichem Spa, prevedeva la costruzione in situ di una mega discarica impermeabilizzata in cui stoccare 500.000 m3 di macerie di impianti, scorie e detriti contaminanti. La Regione Piemonte, giudicando incompatibile con la vicinanza del Toce la costruzione di un'impianto di confinamento totale su un'area soggetta a dissesto idrogeologico, espresse parere negativo nell'ambito delle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).
Il 10 gennaio 2000 il Ministero dell'Ambiente ha fissato la perimetrazione del SIN (Sito di Interesse Nazionale di Pieve Vergonte):
in mancanza di precise informazioni sulle condizioni di inquinamento, si è ritenuto di dover fare riferimento alle aree occupate dagli insediamenti industriali, alle zone di discarica, all'intero territorio comunale di Pieve Vergonte, all'area del conoide del torrente Anza, al tratto del torrente Marmazza che scorre sotto lo stabilimento Enichem di Pieve Vergonte fino alla confluenza con il fiume Toce, al tratto dell'asta fluviale del fiume Toce compreso tra la citata confluenza e la immissione nel Lago Maggiore, alla porzione di lago Maggiore compresa tra Ispra (a Sud) e Ghiffa (a Nord), nonché il lago di Mergozzo.
Rientrano nel SIN anche i Comuni di Piedimulera e Vogogna.
Il Secondo Progetto di Bonifica (Piano di bonifica con misure di sicurezza del sito di Pieve Vergonte), trasmesso nel 2000 da Syndial al Ministero dell'Ambiente, prevedeva una serie di misure per la messa in sicurezza urgente del sito e degli interventi di bonifica.
In sede di Conferenza di Servizi l'impianto di confinamento è stato nuovamente bocciato e il resto del progetto è stato accettato come Piano di Messa in Sicurezza.
Nel 2001 il Decreto Ministeriale n.468 stimava in 108 miliardi il costo di messa in sicurezza e di bonifica del SIN di Pieve Vergonte mentre la Regione Piemonte individuava in 2 miliardi il costo approssimativo per la realizzazione degli studi sull'impatto territoriale dello stabilimento e per i piani di caratterizzazione richiesti all'Enichem (matrici suoli e rifiuti, torrente Marmazza, fiume Toce, Lago Mergozzo, Lago Maggiore).
A fine 2001, in area Syndial, sono entrati in esercizio la barriera di emungimento per la messa in sicurezza della falda acquifera e l'impianto di TAF (Trattamento delle Acque di Falda) con capacità di trattamento di 850 m3/h. I pozzi della barriera di emungimento intercettano le acque della falda contaminate da arsenico, metalli pesanti e DDT e le inviano per essere depurate all'impianto TAF.
Al termine del 2001 risultavano realizzati i seguenti lavori di messa in sicurezza:
- impermeabilizzazione di circa 80.000 m2
di terreni delle aree interne dello stabilimento
- alcuni interventi di Air Sparging e Soil venting
- asportazione dei fanghi
- riempimento di cemento e tombatura dell'ingresso del bunker antiaereo
- rimozione dei suoli dell'impianto DDT
- intercettazione degli scarichi, delle perdite e delle infiltrazioni di acque degli impianti nel Marmazza
- sbarramento idraulico della falda con l'installazione di 31 pozzi che intercettano l'acqua a -10 e -20 metri di profondità.
I rifiuti di lavorazione smaltiti in discariche specializzate, secondo La Stampa, ammontavano a 25.000t.
Nel gennaio 2003 la Conferenza dei Servizi bocciava la proposta di impermeabilizzare il corso del torrente Marmazza e stabiliva la chiusura del tratto di torrente passante sotto lo stabilimento e la bonifica del suo letto con asportazione di sedimenti.
Il 15 aprile il Ministero dell'Ambiente chiedeva a Enichem di verificare lo stato di contaminazione delle principali matrici ecologiche del torrente Marmazza.
Durante la Conferenza dei Servizi del 2004 il Ministero dell'Ambiente accoglieva la proposta del Comune di Pieve Vergonte di spostare il corso del torrente Marmazza nel suo vecchio alveo mentre i Comuni di Pieve Vergonte, Piedimulera e Vogogna rifiutavano la proposta Syndial di realizzare un impianto di desorbimento termico in situ per trattare i terreni contaminati prima del conferimento in discarica.
Nel marzo 2005 i Comuni dei SIN raggiungevano un accordo con Syndial: la discarica in situ non conterrà i rifiuti piú inquinanti, che saranno trasportati e smaltiti in Germania (15.000 viaggi per 300.000 m3 secondo Legambiente) e il Marmazza sará rciollocato nel suo alveo originale.
Le conclusioni delle Conferenze dei Servizi successive sono state assunte nel Decreto del Ministero dell'Ambiente del 22 dicembre 2006 che prescriveva a Syndial:
- il potenziamento del sistema di messa in sicurezza della falda
- il progetto definitivo degli interventi di soil venting e air sparging dell'Area Interna
- la bonifica delle aree esterne e la realizzazione dell'impianto di confinamento
- lo spostamento nell'alveo originario del Marmazza
- la messa in mora di Syndial per l'avvio della bonifica del Toce e del Maggiore
- l’avvio di un primo progetto di valutazione della presenza di sedimenti contaminati sull’asta del Toce
- la necessità di effettuare operazioni di caratterizzazione dell’alveo del Toce a valle della confluenza del torrente Marmazza in vista di successivi interventi in loco.
Contro tali conclusioni Syndial presentava ricorso al TAR del Piemonte, che nell' aprile 2008 lo respingeva.
Nel 2007 Syndial depositava presso il Ministero dell'Ambiente il Progetto Operativo di Bonifica del sito di Pieve Vergonte che suddivide lo stabilimento in 2 aree caratterizzate da uso e livello di contaminazione differenti: le Aree Interne (AI) da recuperare ad uso industriale con i settori impianti Tessenderlo (AITes), sala Krebbs (impianto cloro-soda), ex impianto DDT (abbattuto nel 2007-08) e mensa aziendale (ancora in uso); le Aree Esterne (AE) comprendenti i settori torrente Marmazza e ANAS (area a valle della superstrada controllata per verificare che la barriera idraulica posta in precedenza funzioni) e i settori ex-vasche fanghi (VF, la più inquinata usata da prima del 1977 come deposito di fanghi mercuriali e di altri scarti di produzione oggi gestita da Syndial) e area esterna (AE, nel lato Nord era presente la discarica di rifiuti speciali) destinati ad ospitare l'impianto di confinamento rifiuti.
La superficie ba bonificare entro cui svolgono le proprie attività i lavoratori Tessenderlo (AlTes + mensa) ammonta a circa 215.000 m2
, quella in cui operano gli addetti Syndial (VF) a 58.187 m2
.
L'8 luglio 2008 il Tribunale di Torino ha condannato Syndial al pagamento di una multa di 1,8 miliardi € al Ministero dell'Ambiente per l'inquinamento da DDT del Lago Maggiore nel periodo 1990-1996.
Tornando ai lavori della Conferenza dei servizi, nel 2008 è stata conclusa la caratterizzazione del sito e prodotta l’Analisi di rischio per l’individuazione degli obiettivi di bonifica. In dicembre Syndial ha presentato il Nuovo Progetto Operativo di Bonifica (POB) e un piano di indagine ambientale su Lago Maggiore, Fiume Toce e Lago Mergozzo approvato nel 2009 in sede di Conferenza dei Servizi.
A fine 2009 i lavori di deviazione del tratto tombato del torrente Marmazza risultavano in stato avanzato, l'ex impianto DDT era stato completamente demolito ed erano stati avviati i lavori di demolizione della Sala Krebbs.
Nel 2010 Syndial ha presentato un ulteriore POB, che dopo essere stato rivisto, il 27 ottobre 2011 è stato approvato dalla Conferenza dei Servizi accedendo alla fase istruttoria.
Ottenuta dal Ministero dell'Ambiente l'adozione della procedura di urgenza prevista dal comma 6 art.252 del D.Lgs. n.152/2006 per avocare a sé l'autorizzazione definitiva del progetto di bonifica e degli interventi connessi, la Direzione Ambiente della Regione Piemonte è stata delegata al coordinamento delle procedure di VIA relative allo spostamento del fiume Marmazza, alla realizzazione e gestione dell'impianto di confinamento di rifiuti pericolosi, al trattamento chimico-fisico dei rifiuti liquidi derivanti dalla bonifica e dal TAF, alla costruzione e gestione di un deposito preliminare, a interventi di Soil Venting e Soil Vapour Extraction, al trattamento chimico fisico di vagliatura e lavaggio dei terreni contaminati.
Il POB sottoposto a procedure di VIA il 18 luglio 2012 prevede la deviazione dell'alveo del Marmazza, la bonifica di 646.802 m3 di terreno e la realizzazione di un impianto di confinamento in situ (capacità massima di circa 680.000 m3 nelle aree di proprietà Syndial VF ed AE) per rifiuti pericolosi. La discarica ospiterá i terreni contaminati dopo trattamento di vagliatura e lavaggio. L'esportazione procederá dalle aree Syndial e ANAS e poi dal settore AI. Le eccedenze saranno portate off-site. Le frazioni di terreno ritenute idonee anche dopo trattatamento, insieme alle terre di scavo del Marmazza (230.0003 al 20% inutilizzabili), saranno recuperate. In fase di ripristino l'Area Interna industriale e l'Area Esterna con le strade di servizio dell'impianto saranno impermeabilizzate con asfalto mentre la parte di Area Esterna priva di strade sará ricoperta da uno strato vegetale.
I terreni interessati dalle attività produttive della Idrochem saranno bonificati all'atto della dismissione degli impianti. La cella 5 dell'impianto di confinamento sarà mantenuta aperta a questo scopo. I nuclei di contaminazione riscontrati nell'Area Industriale saranno bonificati mediante intreventi di Air Sparging (AS)- Soil Vapour Extraction (SVE).
Il piano d'azione per contenere la dispersione di inquinanti attraverso l'acqua che scorre sotto il sito e quella di falda consiste nella realizzazione di: 5 pozzi (di cui 1 giá esistente) di contenimento dell'acquifero in prossimità dell'Area ANAS, 4 pozzi verticali (di cui 1 giá esistente) per la protezione continua della valle idrogeologica del sito, 2 nuove linee di trattamento dell-acqua di falda (in aggiunta alle 4 presenti), un'opera drenante con un tratto cieco a monte del sito per evitare il passaggio dell'acqua sotto alla zona interessata alle attivitá industriali, interventi di AS/SVE per ridurre il carico di inquinanti delle acque sotterranee.
La durata dei lavori è prevista in 12 anni (bonifica impianti Idrochem e coltivazione 5º cella esclusa) e la loro apertura sarà preceduta dalla bonifica di eventuali ordigni bellici.
Il 24 gennaio 2013 la Conferenza dei Servizi ha stabilisto che il POB del 18 agosto 2012, con l'aggiunta di alcune prescrizioni e raccomandazioni, presenta sufficienti elementi per l'attribuzione della compatibilità ambientale.
È interessante notare come la Conferenza dei Servizi sia tornata sui sui passi accettando la costruzione di una discarica di rifiuti pericolosi in area soggetta a dissesto idrogeologico accanto al fiume Toce.